Kenya gennaio 2009
La seconda volta che tornai in Kenya fu nel gennaio 2009.
Qui le cose cambiarono radicalmente fu un esperienza del tutto nuova e un po’ selvaggia con la priorità assoluta allo scatto fotografico.
Navigando in internet trovai il sito di un fotografo italiano che viveva nel Masai Mara ed essendo anche guida certificata organizzava safari fotografici privati. A questo punto mi mancava una compagna di viaggio, purtroppo la mia amica Liliana che mi aveva accompagnato in Kenya nel 2007 non era libera per questa avventura, così mi sono aggregata a un ragazzo ( Stefano Bortoletto ) anche lui propenso a fare di questo viaggio un esperienza fotografica unica.
La soluzione era proprio quella che piaceva a me, dall’alba al tramonto sempre nel parco in cerca di qualche situazione da fotografare, la jeep come unico mezzo di trasporto permettendoci così di arrivare in ogni zona del parco anche la più impervia e come base un campo tendato.
Situazioni interessanti capitavano continuamente tutti i giorni; la prima quella che non scorderò mai, durante il giro del primo game drive sotto una pioggia torrenziale fu una caccia di ghepardo, situazione che avevo sperato di non vedere mai, assurdo da dire per un fotografo naturalista ma amando tantissimo gli animali mi rimaneva difficile accettare questo ciclo della vita. Invece l'Africa mi ha messo subito alla prova presentandomi appena arrivata questa scena. Fotografavo con le lacrime agli occhi dispiaciuta per quella povera gazzella così esile e fragile caduta preda del felino. Non vedrete mai queste foto, anche se il ghepardo ha soffocato la gazzella proprio davanti alla nostra jeep e gli scatti sono stati facili da eseguire, ma quei momenti mi ricordano l'ansia e la tristezza di cui l'Africa è capace di offrire, io vorrei per quanto possibile esaltare solo la bellezza di quel Continente lasciando le situazioni cruenti alla savana. Quella che invece ricordo con tenerezza è una mamma ghepardo con i suoi 6 cuccioli tanta dolcezza e attenzione verso i suoi piccoli mi hanno disarmato; purtroppo nell'arco dei mesi solo uno è sopravvissuto.

La carica di un elefante è stata la situazione che ci ha coinvolti in prima persona; questi pachidermi con la loro mole sembrano mansueti e lenti nei movimenti, ma se ti trovi sulla loro strada e in qualche modo si sentono minacciati scattano rapidamente e allargando le orecchie in modo nervoso partono alla carica, garantisco che vedere questa massa correre verso di noi non è stato assolutamente divertente.
Il Masai Mara alla fine del safari mi ha salutato con un tramonto dalle mille sfumature calde. Il giorno dopo sarei rientrata in Italia e pensavo che quei colori sarebbero rimasti per lungo tempo dentro la mia memoria, ma il safari non era ancora finito così come le sorprese.
Rientrando al campo ci sorprese uno di quei temporali che in pochi minuti tutte le strade del Mara erano allagate e i fiumi quasi in piena, la notte stava scendendo velocemente e il buoi con i suoi silenzi ci stava circondando. Avevamo tre fiumi da attraversare e la situazione si stava facendo pericolosa; il primo affluente lo abbiamo attraversato senza troppa fatica anche se la potenza dell'acqua si faceva sentire sul veicolo. Dopo qualche km ne avremmo affrontato un altro e qui fu già tutto più difficile, l'acqua nel letto del fiume era salita a dismisura e appena la jeep entrò nel fiume l'acqua arrivò fino a sopra il cofano spegnendo la luce dei fari e facendoci cadere in un buio profondo. Mentre la jeep andava sobbalzando a ogni sasso che trovava sul fondo sconnesso, la pressione dell'acqua che spingeva sulla portiera si percepiva in modo inequivocabile, sembrava voler portare via il mezzo a ogni costo. La preparazione e la professionalità della nostra guida hanno evitato il peggio.
Alla fine abbiamo dovuto lasciare la jeep nel Mara, non era possibile fare il crossing e ci siamo fatti venire a prendere da un mezzo di un lodge lì vicino che ci aspettava sull'altra sponda, noi a piedi nel frattempo abbiamo dovuto attraversare il fiume su un ponte sospeso. Purtroppo non ho foto che possano documentare la situazione era buio pesto e anche volendo non c'era modo di poter fotografare. Tutto è comunque finito bene, e l'amore per l' Africa dopo questa avventura si è nidificato dentro di me, quando sei lì la natura diventa padrona e il rispetto che le devi è totale.